Il bagno della mia attività è gender free

“Il bagno pubblico è l’istituzione sociale più evidente e diffusa in cui la separazione per sesso è ancora la norma e disfare questa separazione potrebbe avere un significato che va oltre la questione dei bagni. Se una donna trans può usare il bagno delle signore il messaggio implicito è che sì, è accettata come donna. Se un uomo trans può usare il bagno degli uomini, vale la stessa cosa”. New York Times, 2016

Il bagno della mia attività è gender free è un’iniziativa che parte dal basso grazie ad una rete di professionist* che desidera diffondere una pratica di accoglienza e rispetto liberando i bagni dal binarismo di genere. Si tratta di una piccola azione capace di rendere affermativo e accogliente il clima dei luoghi in cui lavoriamo e nei quali offriamo un servizio al pubblico. Comunica che ci si trova in uno spazio sicuro che non opera discriminazioni sulla base dell’identità e dell’espressione di genere, riduce l’imbarazzo e il malessere psicofisico di chi si trova costrett* a scegliere in quale bagno entrare. Comunica in modo esplicito che esiste una pluralità di identità e di corpi e che ogni espressione è libera di abitare lo spazio pubblico nel rispetto del proprio sentire, dei luoghi e delle altre persone.

La divisione dei bagni per genere viene accettata socialmente e data per scontata, almeno fino a quando non ci si scontra con l’obbligatorietà che impone una scelta capace di far sperimentare una incongruenza tra la propria identità e la predisposizione degli spazi pubblici secondo il sistema di genere binario. Per molte piccole e grandi persone che hanno un’identità gender variant, trans, gender creative, non binary, i bagni divisi per genere sono una fonte di disagio importante, dal punto di vista psicologico e fisico. Ci si può sentire costrett* ad entrare nel bagno etichettato con il genere diverso da quello che corrisponde alla propria identità per paura di derisione, rimprovero, discriminazione, sanzionamento. Si può scegliere di trattenere pur di evitare di esporsi a queste forme di microaggressione e rischiare di sviluppare infezioni a carico del proprio apparato urinario.

Camilla Vivian, autrice del libro e del blog “Mio figlio in rosa” lo racconta così: “ogni singolo giorno almeno una volta con la mia famiglia c’è questo problema. Ancora prima di uscire si calcola se poter bere o meno in vista del potenziale bagno a disposizione e il ‘trauma’ é ormai così inglobato che a volte in bagno non ci si va proprio anche potendo. Bisogna cambiare per crescere nuove generazioni libere almeno di fare pipì.”

Rendere il bagno gender free della propria attività richiede di prendere consapevolezza di alcuni miti, credenze e stereotipi che richiedono un piccolo approfondimento.

  1. La divisione dei bagni è il risultato del processo di separazione dello spazio pubblico dallo spazio privato e si basa sull’ideologia delle sfere separate
    I bagni divisi per genere sono il risultato di un processo storico culturale moderno, nascono negli Stati Uniti all’inizio del 19° secolo con la promulgazione di leggi, che oggi definiremmo sessiste, basate sull’idea di proteggere le donne naturalizzando il loro bisogno di prendersi cura della prole e della famiglia negli ambienti domestici. Storicamente la divisione dello spazio pubblico da quello privato ha creato una separazione tra lo spazio occupato dagli uomini con ruoli di potere e grande visibilità e quello occupato dalle donne con ruoli di accudimento e invisibilità. La convinzione per cui le donne vadano protette dalla violenze segregando gli spazi pubblici infantilizza e vittimizza le donne e contemporaneamente costruisce e rinforza un’idea di maschile violento e incapace di governare i propri impulsi.
  2. Stereotipi e credenze che confermano la necessità della divisione dei bagni per genere
    La divisione dei bagni pubblici per signore e signori naturalizza l’idea che esistano biologicamente due sessi e sottintende che uomini e donne utilizzino in modo diverso i luoghi deputati a tale funzione in base a ruoli considerati stereotipicamente maschili e femminili. Stereotipi secondo cui gli uomini sin da bambini sporchino il bagno usandolo scorrettamente (prendere la mira è una competenza che i bambini sviluppano, non una carenza innata) e che le donne fin da bambine abbiano una vocazione per il pulito, la bellezza (gli specchi sono presenti prevalentemente nei bagni assegnati alle donne, per guardarsi, rifarsi il trucco, essere in ordine), l’accudimento (i fasciatoi per i neonati non si trovano nei bagni degli uomini).
  3. Convinzione che i bagni debbano essere divisi per motivi igienici
    Quella secondo cui i bagni pubblici non siano igienici e che sia possibile contrarre infezioni, soprattutto sessualmente trasmissibili, è una credenza molto diffusa che incontra l’idea che siano proprio le donne a veicolare malattie. Si tratta di falsi miti non supportati da studi scientifici. Le situazioni nelle quali è possibile contrarre infezioni in un bagno pubblico sono molto rare e sono indipendenti dal genere. Il rischio di entrare in contatto con germi e batteri è presente in qualsiasi luogo pubblico, sia al chiuso che all’aperto .
  4. Pregiudizio secondo cui le persone trans usano i bagni pubblici che preferiscono per esercitare violenza sulle donne
    Studi internazionali dimostrano che non esiste una correlazione tra la violenza sulle donne e la libertà di utilizzare i bagni pubblici, esiste piuttosto un rischio molto alto che una persona trans e non binary possa subire discriminazioni e violenza utilizzando il bagno adeguato alla propria identità di genere.
  5. Il bagno unisex non ha bisogno di specificazioni
    Un bagno solo o unisex può essere reso gender free per rendere esplicita la pluralità delle identità e dei posizionamenti di genere e non schiacciare le soggettività con il binomio maschio-femmina non rappresentativo della realtà. Un solo bagno gender free legittima, rassicura in anticipo rispetto al rischio di sentirsi guardat* e al bisogno di porsi delle domande (sto entrando nel bagno “giusto”? Posso entrare? Ci sarà un altro bagno?), comunica un valore e lo diffonde nel clima di quel luogo. Neutralizza una differenza culturale che storicamente è stata naturalizzata, promuove consapevolezza e cultura del rispetto.

L’iniziativa bagno gender free è aperta a chiunque si riconosca nei discorsi e nei valori appena descritti e intenda attivarsi con un piccolo gesto entrando in una rete di pratiche affermative.

Possono aderire:

Studi professionali
Piccole aziende
Fabbriche
Associazioni
Uffici pubblici
Centri sociali, biblioteche, ludoteche
Locali, bar, ristoranti
Palestre e club sportivi
Circoli culturali
Scuole, università, enti di formazione
Negozi di abbigliamento
Centri estetici, parrucchier*
Cinema e teatri

Come aderire:

  1. Scarica il file >> https://drive.google.com/…/1iaPIQNkz5U5J751enxC…/view…
  2. Stampa l’immagine e appendila nella porta del bagno per rendere anche la tua attività gender free.
  3. Scattati una foto e condividila sui social usando l’hashtag #bagnogenderfree
  4. Se vuoi aggiungi l’indirizzo e il nome del tua attività aggiungendo “la mia attività è gender free”
  5. Invita altr* a farlo!
    Se desideri far parte di una comunità di pratiche affermative scrivi a bagnogenderfree@gmail.com
    Segui il progetto Gender-Free Toilet e accedi all’archivio https://archive.org/details/@gender-free_toilet dove potrai scaricare gratuitamente altri adesivi e opuscoli informativi.

Finora hanno promosso e aderito:
Francesca Fadda – psicologa psicoterapeuta (Cagliari – Dolianova)
Maria Grazia Rubanu – psicologa psicoterapeuta (Cagliari)
Elena Fadda – osteopata (Cagliari – Dolianova)
Giorgia Antoni – nutrizionista (Cagliari)
Chiara Mastrantonio – psicologa psicoterapeuta (L’Aquila)
Gaia Guastamacchia e Viviana Berretta – studio di psicologia e crescita personale (Carcare, Savona)
Marzia Cikada – psicologa psicoterapeuta (Torino)

Gabriella Piana – psicologa psicoterapeuta (Sassari)
Chiara Bandecchi – psicologa psichiatra (Cagliari)
Giulia Curridori – dottoressa e ricercatrice in psicologia (Cagliari)
Valentina Strippoli – psicologa (Fano)
Ethan Bonali – attivista non binary
Giulia Carta – attivista e volontaria a supporto delle persone Trans (Sardegna)
Lila – Lega Italiana per la Lotta contro l’Aids (Cagliari)
Mamo Pizza e catering -di Massimo Mameli (Cagliari)
Dani Mitù (Cagliari)
Rainbow City Bar (Cagliari)

“Devo andare in bagno. Vorrei poter aspettare, ma non ce la faccio”. Justine mi sfiorò una guancia. “Mi dispiace, tesoro”. Peaches si erse in tutta la sua altezza. “Andiamo. Entreremo insieme a lei”. “No” dissi alzando le braccia. “Così ci arresterebbero tutte.” Mi faceva male la vescica. Se solo non avessi aspettato così a lungo! Tirai un respiro profondo e spinsi la porta del bagno delle donne. Due donne si rinfrescavano il trucco di fronte allo specchio. Una lanciò un’occhiata all’amica e finì di mettersi il rossetto. “E’ un uomo o una donna?”, le chiese mentre passavo. L’altra si girò verso di me. “Questo è il bagno delle donne” mi informò. “Lo so”. Chiusi a chiave la porta del gabinetto dietro di me. La loro risata mi penetrò nelle ossa. “Ma in realtà se quella è un uomo” una disse all’altra. “Dovremmo chiamare la sicurezza e controllare”. Tirai lo sciacquone e annaspai con la cerniera. Magari era solo una minaccia a vuoto, o magari volevano davvero chiamare la sicurezza. Mi affrettai a uscire dal bagno, appena sentii che se ne andavano. “Tutto okay, tesoro?” chiese Justine. Feci di si con la testa. Sorrise. “Hai tolto dieci anni di vita a quelle ragazze”. Mi sforzai di sorridere. “No, non si sarebbero mai prese gioco di un uomo a quel modo. Avevo paura che chiamassero la polizia. Sono loro che hanno tolto dieci anni di vita a me!”.

Stone Butch Blues, Leslie Feinberg

Risorse

Borghi R. Rondinone A., (2019), Geografie di genere, Unicopli

Come mai i bagni sono separati per sesso? https://www.moduscc.it/come-mai-i-bagni-sono-separati-per-sesso-18428-130916/

Consulenza e psicoterapia durante la quarantena

wanneer-relatie-752x322In questo periodo di restrizioni necessarie a contenere e gestire l’emergenza epdiemiologica COVID-19, molti professionisti e professioniste si trovano ad adottare delle modalità tecnologiche alternative alla stanza di psicoterapia.
Per chi ha già intrapreso un percorso è importante garantire una certa continuità senza interrompere il lavoro iniziato, l’elemento centrale di una psicoterapia è infatti la relazione che si viene a creare nel tempo tra il/la terapeuta e la persona, la coppia, la famiglia che va tutelata e mantenuta attivando ogni possibile risorsa. Il venir meno dello spazio che ospita la relazione in un momento che può essere cruciale per la terapia stessa rischia di alimentare le conseguenze psicologiche dell’isolamento forzato che di per sé le misure di sicurezza e la quarantena impongono. Lo stare in casa potrebbe essere vissuto come una vacanza, un’occasione per riposarsi e fare delle attività solitarie e introspettive che da tempo si rinviavano, ma è possibile che con il passare del tempo emergano vissuti di frustrazione, rabbia, vuoto, senso di sospensione della propria vita e incertezza sul futuro.
Per chi vive sol* può crescere un senso di solitudine e abbandono portando la persona a confrontarsi con parti di sé inesplorate nella quotidianità costruita su una routine sociale e lavorativa definita da orari e ritmi prevedibili.
Per chi invece vive con altre persone, partners, familiari, inquilin* la prossimità straordinaria può enfatizzare dinamiche relazionali e vissuti emotivi che possono rendere conflittuale e dolorosa la convivenza.

In entrambe le situazioni restare a casa impone un cambio di prospettiva, guardare ogni aspetto della propria vita da un’angolatura differente, portando informazioni e consapevolezze che prima non si vedevano e sentivano.

Portare avanti una terapia già iniziata precedentemente in studio avvalendosi degli strumenti di comunicazione on line, permette di tenere il filo del percorso iniziato, vivere la relazione terapeutica come spazio di condivisione, di lettura e significazione dell’esperienza personale e intima che la restrizione porta con sé, creando un ponte per proseguire e ritornare ad una nuova quotidianità una volta conclusa la fase restrittiva di emergenza.

Iniziare una nuova consulenza e psicoterapia può essere utile per elaborare l’esperienza che si sta attraversando, osservare le proprie reazioni e sensazioni, dare un contenitore protettivo alle paure e alle emozioni, riposizionando l’esperienza presente nel flusso del tempo.

Sono numerosi* i professionisti, le professioniste e i centri clinici privati che hanno deciso di fare la loro parte proponendo un servizio psicologico alle persone che sentono il bisogno di un sostegno, offrendo gratuitamente brevi colloqui psicologici individuali e sessioni di gruppo on line. Al momento non esiste una rete unica e coordinata a cui fare riferimento per usufruire di questi servizi, è possibile rivolgersi individualmente al/alla professionista più vicina per conoscenza e passaparola.

Sul sito nazionale dell’Ordine degli Psicologi e delle psicologhe è possibile scaricare un vademecum psicologico per cittadin*, utile a riflettere sui meccanismi della paura e su come proteggersi portando attenzione a comportamenti, pensieri ed emozioni.
Scaricabile su: https://www.psy.it/vademecum-psicologico-coronavirus-per-i-cittadini-perche-le-paure-possono-diventare-panico-e-come-proteggersi-con-comportamenti-adeguati-con-pensieri-corretti-e-emozioni-fondate

Faccio la mia parte
In linea con le iniziative nazionali faccio la mia parte offrendo un primo colloquio psicologico gratuito della durata di 30 minuti via Skype.
Le persone interessate possono contattarmi per un appuntamento via mail scrivendo a fadda.francesca@gmail.com.

Per chi sentisse il bisogno di proseguire con un percorso di consulenza e psicoterapia verrebbero applicate le tariffe ordinarie.

Permettiti di chiedere aiuto
Se provi timore, ansia, tristezza e credi che le tue emozioni siano tanto forti da non riuscire a gestirle permettiti di chiedere aiuto. Ricevere ascolto, poter avere un confronto e un sostegno, può aiutare ad alleggerirsi ed affrontare le situazioni con più serenità.

Tabù mestruale: un mistero scritto sul corpo

Con “Tabù mestruale: un mistero che sanguina” sabato 27 ottobre, presso l’associazione ARC onlus a Cagliari, abbiamo inaugurato il ciclo di incontri sulla sessualità femminile “Le stagioni mestruali”.

Abbiamo esplorato la storia di un tabù, rintracciando gli eventi più significativi che nel tempo hanno portato scienza e religione a trasformare il sangue mestruale da sacro a nefasto, da sostanza divina a sporcizia vergognosa. Un tabù strumentale alla costruzione di una gerarchia tra i sessi, ancora oggi potente dispositivo di normazione e controllo sui corpi. Un tabù di cui è possibile liberarsi riaffermando il potere di decidere dei propri corpi e di riciclarsi ogni mese, senza macchia e senza vergogna.

Per circa 40 anni, dalla pubertà alla menopausa, la vita dei corpi femminili è accompagnata e contrassegnata da ben 480 sanguinamenti, 4200 giorni trascorsi a nascondere, stigmatizzare e ostacolare il funzionamento del proprio corpo, 7 giorni al mese di cui non si può parlare, se non sottovoce, utilizzando espressioni sostitutive fantasiose che censurano l’esperienza delle mestruazioni. La maggior parte delle donne vive le mestruazioni come una costrizione e limitazione della propria esistenza, prima ancora che sul piano fisico, su quello mentale, trasformando quel processo fisiologico potenzialmente capace di creare la vita in una delle principali fonti di imbarazzo e vergogna, in famiglia, sull’autobus, a scuola, diventando in alcuni casi, per le più giovani, oggetto di derisione e atti di bullismo.

Il modo in cui viviamo i nostri corpi, nell’aspetto, nella fisiologia, nella manifestazione ed espressione, è legato a doppio filo con la storia dell’umanità, con le guerre per il potere e il controllo, con le ribellioni per la libertà. Spesso a pagare le conseguenze di questo conflitto è proprio la salute, ma pensiamo sia del tutto normale.

Attraverso la ricostruzione dell’esperienza mestruale è possibile entrare in contatto con la sua ciclicità naturale, liberandola dai tabù e arricchendola allo stesso tempo di nuovi significati, per vivere la sessualità femminile in uno stato di salute e benessere.
La conoscenza del ciclo mestruale libera da stereotipi e tabù rappresenta un importante fattore di resilienza per la salute femminile:
– è uno strumento prezioso di ascolto di sé e di consapevolezza del proprio corpo e della propria identità
– è un modo per comunicare più serenamente e apertamente con le persone con cui si condivide la vita di relazione, sia quella intima e famigliare, che quella sociale e lavorativa
– influenza positivamente la salute sessuale e il livello di benessere individuale e di coppia
– aiuta a gestire la fisiologia del ciclo e ridurre il dolore mestruale, mitigando lo stress prodotto dalle pressioni sociali stereotipate sulle mestruazioni.

Con questo piccolo collage di foto, ringraziamo tutte le persone che hanno partecipato all’incontro e condividiamo il desiderio di restituire al ciclo mestruale naturalezza, rispetto e benessere.

Francesca Fadda, Elena Fadda

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Vivere con l’Alopecia – Convegno Nazionale

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ASAA ONLUS –Associazione Sostegno Alopecia Areata organizza il convegno nazionale Vivere con l’Alopecia. L’evento vuole essere un’occasione di informazione e sensibilizzazione rivolto all’intera collettività, con lo scopo di aprire un dialogo e un confronto multidisciplinare sul tema dell’Alopecia Areata, che integri il punto di vista di tutte le professionalità coinvolte nello studio, nella ricerca e nell’offerta di servizi rivolti a sostenere chi convive con la patologia. Un’esperienza che permetta di creare uno spazio di integrazione tra medicina, psicologia, sociologia, arte, estetica ed esperienze, e di aprire contemporaneamente un tavolo di confronto con tutti i soggetti che a vario titolo possono essere coinvolti nel miglioramento della qualità della vita delle persone che vivono con l’A.A. e le loro famiglie.

L’evento è realizzato in collaborazione con l’Istituto G. Gaslini, le associazioni ANAA – Associazione Nazionale Alopecia Areata e Area Celsi (Fasano – Puglia), con il patrocinio del Comune di Genova, della Provincia di Genova e della Regione Liguria, di FNOMCeO, Federazione itliana medici, di Aida- Associazione Dermatologi Ambulatoriali, dell’Ordine Nazionale psicologi e dell’Ordine Psicologi Liguria.

Si ringraziano per la compartecipazione e il contributo la New Line Express (Marano vicentino), Crazy Hair (Genova), Toupets scandicci (Firenze), La Volpe Scalza (Torino), Capelli Liberi, La Bottega della Parrucca (Pescara).

La partecipazione al convegno è gratuita.
Si richiede di inviare apposito modulo di iscrizione entro il 27 aprile 2016 a presidenza@sosalopeciaareata.org  – scarica qui il  MODULO_DI_PARTECIPAZIONE_CONVEGNO

PROGRAMMA INTERVENTI

Sessione della mattina

h. 10.00 Registrazione partecipanti
h. 10.30 Apertura dei lavori e presentazione della giornata
Modera gli interventi Donata Bonometti – giornalista.
h. 10.40 Patogenesi Clinica dell’AA e Alopecia Areata nell’età dello sviluppo Dott.ssa Manunza e Dott. Occella – Ambulatorio dedicato ai pazienti affetti da Alopecia Areata
h. 11.10 Alopecia e stress: un rapporto circolare e complesso Dott.ssa Francesca Fadda – presidente ASAA ONLUS, psicologa e psicoterapeuta sistemico relazionale in formazione.
h. 11.30 Trattamento dell’alopecia con liposomi cationi Prof. Brotzu Giovanni
h. 11.50 Crescere con l’alopecia: da evento critico a risorsa per tutta la famiglia Dott.ssa Alessandra Sbarra – referente progetto Famiglie&Minori ASAA ONLUS, psicologa e psicoterapeuta sistemico relazionale.
h. 12.10. Indagine epidemiologica sull’A.A. in Italia Dott. Rizza – Coordinatore scientifico ANAA
h. 12.30 Domande del pubblico sugli interventi della mattinata
h. 13.00 Chiusura dei lavori della prima parte del convegno

PAUSA PRANZO

Sessione pomeridiana

h. 14.30 Apertura dei lavori
h. 14.45 Ribalta e retroscena. L’Alopecia come patologia dell’interazione sociale Marta Bianco – autrice del libro A Testa Scalza, la capigliatura tra presenze e assenze.
h. 15.00 Immagini di bellezza femminile nell’arte Silvia Moretta – Critica d’arte e curatrice d’arte indipendente
h. 15.15 L’impiego della Dermopigmentazione nell’Alopecia Ennio Orsini – Deco Studio Sulmona (AQ)
h. 15.45 Auto Mutuo Aiuto: dai social network agli incontri dal vivo – Viviana Baratto, Voce Amica ASAA Onlus
h. 16. 00 Presentazione del libro Non avrai il mio shampo con l’autrice Barbara Solinas
h. 16:15 Presentazione Make up Space
h. 16.30 Domande del pubblico sugli interventi del pomeriggio
h. 17.00 Chiusura dei lavori

Durante la giornata saranno offerti i seguenti servizi:
– Ma cosa mi sono messa in testa?: idee per il nuovo look ed informazioni su come scegliere un prodotto di qualità al giusto prezzo. Desk informativo e consulenze a cura di Gloriana Ronda, titolare di Crazy Hair Genova.

– Make Up Space – postazione trucco in cui verranno offerte gratuitamente consulenze di trucco personalizzato per scoprire come valorizzare il proprio volto passo dopo passo. A cura di Alessia Tadolini, make up artist

– Baby Space per bambini e bambine, attivo al mattino dalle 10 alle 13 e al pomeriggio dalle 14.30 alle 17.30 a cura di animatori professionisti e volontari/volontarie ASAA.

Informazioni e contatti
Segreteria Organizzativa
Francesca Fadda 3472114917
presidenza@sosalopeciaareata.org

Pagina FB: ASAA Alopecia Areata
Web: www.sosalopeciaareata.org

Alopecia Areata – Incontro pubblico di informazione e sensibilizzazione – Iglesias, 20 settembre 2014

Le associazioni ASAA – Associazione Sostegno Alopecia Areata e Art Meeting, con il patrocinio del Comune di Iglesias e della ASL Carbonia-Iglesias, promuovono un incontro pubblico di informazione e sensibilizzazione sulla Alopecia Areata.

L’Alopecia Areata è una patologia con componenti genetiche ed autoimmuni attualmente poco conosciuta, si manifesta in diverse forme e con decorso imprevedibile con piccole chiazze glabre fino alla perdita completa dei capelli e dei peli. Colpisce il 2% della popolazione, 145 milioni di persone nel mondo, indipendentemente dal sesso, dal colore della pelle, dalle abitudini alimentari, dai comportamenti igienici e personali. Attualmente non esiste una cura efficace per questa forma di Alopecia. Il suo trattamento risulta molto difficile soprattutto perché nella maggior parte dei casi è difficile stabilire se una ricrescita è indotta dal farmaco o è spontanea. Talvolta la patologia viene mantenuta e resa ancora più grave dalla reazione della persona e dell’ambiente circostante capaci di innescare dinamiche sociali e discriminazioni che richiedono una particolare attenzione da parte dei servizi sanitari, dalle associazioni e di tutti gli attori sociali coinvolti.

Di questi temi si parlerà durante l’incontro pubblico del 20 settembre prossimo alle h. 17 presso la sala Lepori a Iglesias in provincia di Carbonia-Iglesias, un’occasione di informazione e sensibilizzazione rivolta all’intera collettività, con lo scopo di dare visibilità e offrire informazioni attendibili sull’Alopecia Areata relativamente agli aspetti medici e psicologici ad essa legati, raccontare le esperienze di persone che vivono con l’Alopecia Areata e aprire un tavolo di confronto con i soggetti istituzionali che a vario titolo possono essere coinvolti nel miglioramento della qualità della vita delle persone che sono colpite dall’A.A. e delle loro famiglie.

Interverranno il dott. Pietro Aste medico e dermatologo, la dott.ssa Francesca Fadda psicologa e referente ASAA per l’Abruzzo, Maria Jole Serreli artista e rappresentante ASAA per la Sardegna, con le testimonianze speciali di Roberta Porru e Chiara Diana. Saranno inoltre proiettate video testimonianze di Gaia Soroldoni, Francesca Genoni, Claudia Polloni, Claudia Cassia, Davide Aldrigo.

A conclusione dei lavori verrà presentato il progetto artistico di sensibilizzazione Niente mi pettina meglio del vento a cura dell’Associazione Art Meeting.

Modera la giornalista Tamara Peddis.

La partecipazione è gratuita.

Programma completo e aggiornamenti su: www.artmeetingitalia.com

Segreteria Organizzativa: Roberta Porru cell. 3425839554 – email robertaporru74@gmail.com

Ufficio Stampa: Art Meeting – artmeeting.ass@gmail.com – 3472114917

www.artmeetingitalia.com

www.sosalopeciaareata.org

Progetto grafico: Walter Petretto – www.uolterprojects.com

Fotografia: Pensiero di Marco Novello – partecipante mostra Niente mi pettina meglio del vento.

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